venerdì 10 giugno 2011

La fiaba svedese del signor Ikea

Il fondatore della catena di mobili low cost è uno degli uomini più ricchi del mondo, i suoi inizi? In un capanno del latte, vendendo fiammiferi.

Il libro più diffuso al mondo?

Da qualche anno è il catalogo dell'Ikea: oltre 200 milioni di copie distribuite annualmente in quasi tutti i continenti.

La storia dell'Ikea e del suo fondatore Ingvar Kamprad, oggi ultra 80enne, è così incredibile da sembrare quasi una fiaba; originario della Svezia, da più di 30 anni vive in Svizzera vicino al lago di Losanna e vive da sempre, una vita parsimoniosa.

Tutto è non costoso e minimalista, tranne il patrimonio che ha accumulato: 22 miliardi di dollari: "Il nostro cuscinetto di sicurezza per il futuro", ripete ai suoi tre figli 40enni; che non giudica ancora adatti per la successione.

Ikea non è quotata in borsa, non ha soci e tutto è all'insegna della massima discrezione, meno si sa, meno tasse si pagano e meno concorrenti e politici si hanno fra le scatole.

Quasi un mese all'anno il signor Kamprad lo passa a visitare i suoi centri commerciali sparsi per il Pianeta (in incognito quando può), mentre per il resto del tempo è impegnato ancora a seguire le strategie del gruppo che ha fondato nel 1943.

A 17 anni decise di avviare la nascente attività di consegna di fiammiferi, accendini, cornici, penne, biglietti di Natale per corrispondenza; il capitale di partenza era un piccolo premio di denaro donatogli dal padre per aver preso buoni voti a scuola: comprare in stock, rivendere al minuto, ecco l'eterno suo semplice segreto.

Suo padre non vedeva un gran futuro per questo ragazzo pigro che non voleva mai alzarsi dal letto per mungere le mucche della fattoria, gli diceva sempre che non avrebbe mai combinato niente nella sua vita.

In questo clima il giovane Ingvar s'inventa imprenditore e fa nascere il primo catalogo Ikea, è lui a scegliere gli articoli e anche a consegnarli, tutti gli oggetti sono di piccole dimensioni in modo che possano essere trasportati e recapitati direttamente in bicicletta.

Il nome Ikea nasce come acronimo di Ingvar Kamprad e Elmtaryd Agunnaryd (rispettivamente il nome della fattoria e del villaggio nel quale Kamprad vive).

Nel 1947 fa un accordo con i lattai per utilizzare la loro rete di camioncini (risparmiando molto visto che già erano in giro a effettuare le consegne), potendo così aggiungere altri prodotti al catalogo.

La strategia del signor Ikea è quella di battere la concorrenza sul prezzo, puntando soprattutto sulla quantità; quando apre il primo negozio Ikea l'offerta è sbalorditiva: "Eravamo riusciti ad abbassare i prezzi di quasi 10 volte".

Nel 1955 Ikea comincia a produrre i suoi mobili secondo un principio che non verrà mai meno: funzionalità, design, prezzi accessibili; l'altra idea geniale era quella di consentire anche alle persone normali (quelle che non si potevano permettere mobili costosi e firmati), di avere oggetti funzionali e sobri con un tocco di design.

Ma il signor Ikea porta un'altra rivoluzione nel mondo dell'arredamento: i mobili in scatola.

I costi di trasporto e di montaggio si riducono drasticamente, spostando sul consumatore uno dei compiti che costavano più tempo e denaro, in questo modo si creano i margini per tagliare i prezzi.

In Svezia il successo è travolgente.

I commercianti di mobili svedesi cominciano a boicottare i fornitori che trattano con lui; il Signor Ikea rischia di chiudere e andare in bancarotta, ma dimostra un'altra volta la sua capacità di trasformare un problema in un'opportunità.

Nel 1958, apre ufficialmente il primo vero e grande negozio Ikea e negli anni successivi inizia l'espansione internazionale: Danimarca, Svizzera, Germania, Australia, Canada, Austria, Paesi Bassi, Francia, Belgio, Stati Uniti, Regno Unito, Italia e, resto del mondo.

Adesso, vive in Svizzera, in una casa modesta, non sperpera denaro e guida la stessa Volvo da 16 anni.

Dal 1982 Ikea è controllata da una fondazione benefica, ufficialmente il Signor Ikea è solo un consulente senior; la ragione ufficiale di questi misteri è impedire che Ikea sia divisa dopo la morte di Kamprad (a nessuno dei tre figli maschi ha dato l'investitura ufficiale di successore) e garantire a lungo termine la sopravvivenza dell'azienda.

Fonte: Very Millionarie

sabato 4 giugno 2011

L'austriaco che ha messo le aliiii (Red Bull)

La bevanda energetica Red Bull è commercializzata in 150 Paesi del mondo, Dietrich Mateschitz, l'artefice del successo, l'ha scoperta durante un viaggio in Thailandia.

E' uno degli imprenditori di maggior successo degli ultimi 20 anni, capace di creare da zero un piccolo impero, oggi valutato nell'ordine delle migliaia di miliardi di euro.

Il nome della bevanda da lui inventata spopola fra i giovani e gli sportivi: Red Bull, lo stesso della scuderia di Formula 1 che ha acquistato qualche anno fa.

"Quando abbiamo iniziato ci siamo detti: non c'è mercato per il nostro prodotto. Lo creeremo noi", ha dichiarato Mateschitz.

Anche quando tutti gli dicevano che la sua idea di distribuire in Austria questa bevanda lo avrebbe portato al fallimento; persino i test di mercato non assegnavano grandi probabilità di successo a questo prodotto; nessuno voleva saperne di Red Bull, spesso confusa con una medicina.

Anche per ottenere l'autorizzazione a vendere in Austria questa bevanda in lattina ha dovuto aspettare oltre tre anni.

Ma, nell'attesa Mateschitz studia il marketing più efficace per il prodotto; dal nome al packaging, dallo spot alle campagne pubblicitarie.

Red Bull ti mette le ali, è oggi uno degli slogan più efficaci e conosciuti al mondo.

Da dove arriva questa bevanda?

Come nasce l'idea di Red Bull?

Da un viaggio che Mateschitz effettua per lavoro in Thailandia; siamo agli inizi degli anni '80 e questo austriaco, che i compagni di scuola ricordano più per la voglia di divertirsi che per gli studi, è diventato un manager affermato nel marketing, ramo dentifrici.

La leggenda (Mateschitz rilascia pochissime interviste) racconta che nel 1982 durante un soggiorno all'Hotel Mandarin di Hong Kong, ha trovato sul Newsweek un articolo sui maggiori contribuenti del Giappone: tra loro non figuravano il "signor Sony" o il "signor Toyota", bensì il "signor Taisho", produttore della bevanda Lipovitan.

Così inizia a studiare il mercato degli energy drink, al tempo ancora poco conosciuto in Europa, ma già molto sviluppato in Asia.

In Thailandia vengono venduti come tonici ed energizzanti in tutti i locali e anche per strada; un rimedio proposto per combattere la fatica del lavoro, agli autisti per evitare di addormentarsi alla guida di notte, ma che viene venduto anche come bevanda rinvigorente per i seguaci di sport nazionali come la boxe thailandese.

Mateschitz si mette in testa di diventare ricco come il "signor Taisho" e decide di portare il prodotto in Occidente.

Ma il prodotto era quasi considerato una droga capace di creare dipendenza, a causa della caffeina e della taurina, un aminoacido che stimola il metabolismo, la circolazione sanguigna e il sistema nervoso.

Quindi, una volta ricevuta l'autorizzazione, Mateschitz adatta il sapore della bevanda al gusto occidentale, aggiungendo anidride carbonica.

Ma la gente non apprezzava il gusto, il logo e il nome; ma lui non si fermò, perchè è proprio la controversia a mantenere un prodotto vivo.

Quando finalmente arriva l'ok per la vendita dalle autorità sanitarie austriache, il primo bilancio chiude decisamente in rosso: oltre 800 mila euro di perdite e solo un milione di lattine vendute.

Mateschitz non si scoraggia, raccoglie altri soldi e continua, è convinto che prima o poi la sua idea sfonderà e le vendite gli daranno ragione.

Gli sciatori e i discotecari si accorgono per primi delle doti vitalizzanti della bevanda e iniziano a promuoverla alle feste e così iniziano a decollare le vendite in Austria, in Ungheria, in Germania e in Inghilterra.

Ora è diventato uno degli uomini più ricchi d'Europa, sa godersi la vita e continua a essere un vulcano di idee (recente è il lancio della Red Cola), lavora solo tre giorni alla settimana e gli altri li dedica alle sue passioni.

Per il suo 60° compleanno si è regalato un parco a tema e non gli mancano una squadra di calcio (Red Bull Salzburg), una americana (New York Red Bulls) e due scuderie di Formula Uno (Red Bull e Toro Rosso).

Fonte: Very Millionarie

lunedì 30 maggio 2011

Joanne K. Rowling

Ex disoccupata, Joanne Rowling è balzata in cima alle classifiche dei libri più venduti, dando vita alle avventure di Harry Potter.

E' diventata in pochi anni la scrittrice più pagata al mondo e nella sua nazione è perfino più ricca della regina Elisabetta.

Ex segretaria bilingue disoccupata con figlia a carico, ha spiccato il grande salto senza dover investire nemmeno una sterlina.

Ha puntato il tutto sulla fantasia, su un quaderno di carta e un set di penne.

Il risultato?

Il più clamoroso successo editoriale di tutti i tempi; la saga di un mago adolescente, Harry Potter e dei suoi amici che frequentano la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Oltre 500 milioni di libri venduti e un patrimonio stimato di circa 750 milioni di euro, che continua a crescere giorno dopo giorno, grazie alle royalty sulle vendite, alle nuove produzioni e agli incassi della serie cinematografica.

La rivista americana Forbes ha calcolato che l'autrice della saga del "maghetto", ha guadagnato lo scorso anno cinque sterline al secondo, poco meno di sei euro, per un totale di 170 milioni di sterline, cioè oltre 195 milioni di euro.

La vita privata della scrittrice non è stata proprio una passeggiata; prima di veder pubblicato il suo libro aveva perfino pensato al suicidio:

"Intorno ai 25 anni ero veramente in miseria e sono andata a picco, mi sono trovata con una figlia da crescere da sola e senza la possibilità di pagare la caparra per prendere in affitto un appartamento.

Ciò che mi ha fatto cercare aiuto è stata probabilmente mia figlia: mi dava conforto, mi teneva con i piedi per terra e mi faceva pensare che non era giusto che crescesse con una madre in quello stato".

Quindi, chiede aiuto agli amici, chiedendo un prestito per affittare un monolocale e fa un ultimo tentativo: prova a scrivere per intero e pubblica il suo primo romanzo.

Già a sei anni Joanne sogna di fare la scrittrice, ma i suoi genitori però, puntano sul concreto e, finita la scuola dell'obbligo convincono la figlia a studiare Lingue e non Letteratura; per loro il futuro di Joanne è diventare una segretaria bilingue dallo stipendio modesto ma sicuro.

Era totalmente negata per quel tipo di lavoro, il peggior incubo di qualsiasi capo ufficio.

Un giorno, mentre era in treno, arriva l'illuminazione: inizia a fantasticare su un ragazzo dai poteri speciali che frequenta una scuola di magia.

I suoi datori di lavori non sono entusiasti di questa segretaria distratta con la passione della letteratura e così cambia posto continuamente.

Intanto sua madre muore di sclerosi multipla (era stata anche lei a darle la passione per la letteratura), per Joanne è un duro colpo che la convince a cambiare completamente aria, accetta di andare a lavorare in Portogallo, dove insegna inglese ai bambini, e qui, lavora ai primi tre capitoli di Harry Potter e la pietra filosofale.

Ma le cose non vanno bene neppure qui, torna in patria, stabilendosi (provvisoriamente) a Edimburgo dove vive sua sorella.

Per sopravvivere si fa aiutare dagli amici e si affida all'assistenza sociale.

"Qui la mia vita è davvero cambiata, mi sono sentita me stessa e ho deciso di scrivere il libro".

Appena il libro viene pubblicato, scatta la Potter mania che dall'Inghilterra contagia tutto il Pianeta.

Il Bestseller che nessuno si aspettava e che nessun editore voleva pubblicare perchè dicevano che era troppo lungo, troppo lento o letterario.

L'ha pubblicato la casa editrice (allora modesta) Bloomsburry, il cui editore Nigel Newton ebbe l'idea di far leggere il libro al nipote di otto anni, che convinse lo zio a pubblicarlo, anticipando 2500 sterline a Rowling, con alcune condizioni.

Come quella di celare che l'autrice fosse una donna, facendo aggiungere una consonante alle iniziali: J. K. Rowling.

Fonte: Very Millionarie

mercoledì 25 maggio 2011

Elon Musk

E' diventato ricco con PayPal, lancia razzi low cost, vende auto elettriche, a 20 anni poteva spendere 1 euro al giorno, a 27 anni era milionario.

Ha fatto tutto da solo, l'imprenditore sudafricano che ha ispirato il personaggio di Iron Man.

Figlio di una modella canadese e di un ingegnere che gli trasmette l'amore per la tecnologia, da bambino Musk ama la fantascienza e i computer; a 1o anni si compra un computer e dei libri per imparare la programmazione di software; in poco tempo crea due videogame.

Dopo una serie di lavoretti svolti con l'obiettivo di aumentare il suo gruzzolo, dalla consegna mattutina di giornali fino alla compravendita di azioni della Borsa sudafricana all'età di 15 anni.

A 17 anni lascia il Sud Africa per trasferirsi in Nord America, frequenta l'Università di Kingston, si paga gli studi con un lavoro part time e ha a disposizione meno di 100 euro al giorno, ma possiede tanto talento.

Vince una borsa di studio alla prestigiosa Wharton School of Business di Philadelphia e, dopo aver conseguito un primo diploma universitario in Economia e un secondo in Fisica, Musk individua i tre settori che più lo interessano: Internet, energia pulita e spazio celeste.

Dopo aver cercato di proporre mappe alle Pagine gialle, Musk si accorge che il mondo dell'editoria è ancora lontano dal Web; da lì l'idea di offrire alle maggiori testate la creazione di siti di appeal: un'intuizione che in breve conquista i nomi più famosi della stampa.

Nel 2000 acquista la società Confinity che ha creato il sistema di transazione di denaro PayPal, ma ne cambia il concept.

Nel 2008 ha iniziato la produzione della Roadster, auto elettrica che balza da 0 a 100 km/h in meno di quattro secondi e costa 100 mila euro (finora l'azienda ne ha già vendute 1.500), una decina anche in Italia.

Alcuni compratori?: George Clooney, Larry Page (Google), Arnold Schwarzenegger, Brad Pitt, Andrea Bocelli, Matt Damon.

Elon Musk, ha una personalità fortissima, usa la propria immagine e si mette in gioco per promuovere le sue aziende; è pieno di entusiamo, brillante, lavora 15 ore al giorno e si concentra solo su idee di business innovative.

Nei suoi team di lavoro ci sono tantissimi giovani con background culturali ed etnici diversissimi: lui ama occuparsi, soprattutto, del lato tecnico e del business e delegare lo sviluppo strategico e commerciale a persone di spicco nel mondo del business.

Tutti sono coinvolti al 100%: ogni dipendente riceve stock option aziendale, dai manager ai fattorini.

Articolo tratto da: Millionarie - Maggio 2011

lunedì 23 maggio 2011

Mitchell Baker

E' considerata una delle 100 donne più potenti del web; ha creato FireFox, il browser che dà filo da torcere a Explorer; grazie a una rete di volontari e a una fondazione non profit.

Ecco come Mitchell Baker, 52 anni, ex avvocato, è riuscita a cambiare la Rete con il browser Firefox.

La sua sfida: umanizzare il Web, creando un prodotto realizzato da volontari di tutto il mondo e promosso da una fondazione non profit.

C'è l'ha fatta: Mozilla, la fondazione da lei creata, ha conquistato il Web, raggiungendo il 30% di market share in cinque anni e ha dato del filo da torcere in primis a Internet Explorer, poi, a ruota a tutti gli altri browser nati prima o dopo Firefox.

Oggi è una delle donne più influenti nel mondo di Internet; eppure, solo nel 1994, lavorava nell'ufficio legale di Netscape, di cui Mozilla era una divisione dedicata ai progetti open-source.

Nel 1999 diventa general manager di Mozilla, ma la svolta è nel 2003: il colosso American On Line (Aol), che ha assorbito Netscape, decide di abbandonare Mozilla; lei, e i due colleghi impegnati nel progetto lasciano il posto fisso per dare vita, quello stesso anno, alla Fondazione Mozilla.

Figlia di un piccolo imprenditore che ha sempre creduto nella dignità dell'uomo, Mitchell ha portato questi principi su Internet: "Quando sono passata alla guida di Mozilla ho accettato tutti i rischi di quando si lascia un posto fisso e sicuro, ma il grande passo mi affascinava, c'era molto lavoro da fare, ma anche ottime opportunità".

Su Mozilla tutti possono avere la possibilità di intevenire e personalizzare la porta di accesso al Web ogni volta che vogliono.

Dal 2003 a oggi sono stati anni di duro lavoro e, Mozilla è andata avanti anche grazie alle donazioni ricevute, la stessa Aol ha sostenuto la fondazione donando hardware, sostenendo per i primi tre mesi le tre persone coinvolte e donando due milioni di dollari nel corso dei primi due anni.

"I primi supporter di Mozilla sono stati programmatori; molti di loro avevano capito quanto potesse essere pericoloso avere una sola società che controllava Internet; li abbiamo convinti a unirsi a noi proponendo loro un'organizzazione basata sul rispetto dell'individuo e sulla trasparenza nei confronti delle persone coinvolte".

In Italia, dove la comunità è presente dal 2000, si contano 20 volontari attivi in localizzazione e supporto degli utenti.

Il bello di Firefox è che ognuno può realizzare anche l'idea più stravagante ed è libero di condividerla con gli altri; spesso nascono prodotti e business di successo.

I punti di forza di Firefox: è disponibile in 80 lingue; ha un'interfaccia grafica semplice; ha avanzate funzioni di sicurezza e privacy che consentono di offrire agli utenti un completo controllo dei dati personali e un alto grado di protezione; è compatibile con tutte le versioni di Windows e Mac; è gratis ed è adattato alle tecnologie mobili.

Il logo è uno dei punti di forza di Mozilla, gli ideatori sono Stephen Desroches, Daniel Burka e Jon Hicks.

"Un consiglio ai giovani creativi? Lavorate, anche gratis. Non state seduti aspettando il lavoro che verrà; pensate ai progetti per aziende non profit e lavorate gratuitamente; in questo modo imparerete molto del lavoro in team e vi farete un bel portfolio di lavori realizzati; fatevi conoscere attraverso il vostro lavoro", Mitchell Baker.

Articolo tratto da: Millionarie - Maggio 2011

Mariah Carey: la donna dalle sette ottave


 E' la cantante che ha venduto di più nella storia della musica pop, eppure, agli inizi degli anni 2000 era data per spacciata.

Nel 2001, la cantante pop Mariah Carey, era data per finita; in fumo il suo contratto milionario con la casa discografica Virgin Records, fallito il suo matrimonio con il manager Tommy Mottola, svanito anche il suo benessere psicofisico.

Una crisi che aveva messo la parola fine a quello che sembrava un sogno: il riscatto dalla povertà.

Nel 1988, Mariah è una cameriera che di notte si dedica alla musica; due attività a soli 18 anni; ma i sacrifici iniziano a dare frutti quando il gruppo della cantante Brenda Starr la sceglie come prima corista.

E' proprio a una loro festa che Mariah consegna una cassetta di sue canzoni a Tommy Mottola, presidente della casa discografica Columbia; ascoltandola in auto, Mottola si rende conto della voce di Mariah e torna alla festa.

Ha tra le mani l'unica voce umana che possiede l'estensione di sette ottave: un talento che le permetterà, negli anni futuri, di entrare nel Guinness dei primati.

Per alcuni anni tutto è in crescendo: sposa il manager Mottola nel '93; pubblica altri otto album e, conquista le hit per ben 18 volte.

Ma qualcosa, a poco a poco, si spezza.

A cominciare dal matrimonio, Mariah si sente in trappola, sorvegliata a vista, una sensazione che piano piano inzia a opprimerla anche sul lavoro e, quindi, divorzia.

In un primo momento, la sorte le è favorevole, con la firma di un contratto milionario che la lega alla Virgin Records, ma, basta il primo insuccesso a far crollare il tutto e, a indurre la Virgin a pagarla per rescindere il contratto.

La stampa si accanisce e la trasforma in una donna divorziata che non vende più dischi; e che, a causa di uno svenimento in pubblico, è suicida e malata di esaurimento nervoso.

La sua vita sembra aver imboccato un tunnel senza ritorno.

Eppure, ancora una volta, Mariah non demorde; cerca un nuovo contratto e lo trova con la Universal Music, che le propone 20 milioni di dollari per 3 dischi e decide di puntare su di lei, riservandole una nuova etichetta discografica, la Monarc.

Nel settembre del 2003, inaugura al Radio City Music Hall di New York, un tour mondiale che, dopo gli Usa, la porta nelle maggiori città del mondo.

"So di aver realizzato molto, eppure mi sento sempre la stessa persona di quand'ero piccola. Devo continuare", Mariah Carey,

Articolo tratto da: Millionarie - Dicembre 2003

martedì 10 maggio 2011

Anna Sam

Da cassiera a star, sette anni alienati, poi, un blog, ed è nata una scrittrice di successo.

"Non riesco ancora a crederci, certe volte sogno di essere ancora lì, con il bip dello scanner nelle orecchie, la gente che mi passa davanti senza vedermi, seduta tutto il giorno alla cassa come una prigioniera".

Un anno fa era una sottoproletaria: guadagnava 860 ero al mese lavorando come cassiera in un supermercato.

Oggi, è una star; ha una trattativa in corso per un posto di alta responsabilità in un'importante catena di distribuzione: da commessa potrebbe trasformarsi in direttrice generale di Leclerc o Carrefour.

Le propongono di organizzare corsi di formazione nelle aziende; l'hanno perfino chiamata a coordinare un seminario sul tema "Lavoro e sofferenza", organizzato a Parigi.

Anna Sam, nata 29 anni fa a Cleunay, nella periferia di Rennes, in Bretagna, sembra uscire da un copione cinematografico; di famiglia modesta, si è pagata gli studi al liceo e all'università facendo la cassiera nell'Ipermercato Leclerc della sua città: di giorno il lavoro, di sera i libri di letteratura.

Intelligente, colta, volenterosa, sperava di essere assunta da una casa editrice: "Era il mio sogno, essere pagata per leggere".

Ma, alla pari di tanti giovani usciti dalla facoltà di Lettere, Anna ha dovuto constatare che per lei non c'era nessun lavoro, ed è tornata a lavorare a Leclerc, con uno stipendio da principiante; ci è rimasta 7 anni.

L'anno scorso Anna ha avuto un'idea: quella di raccontare in un blog le sue esperienze, i casi buffi e tristi del suo lavoro, le umiliazioni, i momenti d'allegria, i trucchi escogitati dai clienti per non pagare, le vicende quotidiane delle colleghe.

Ed è stato un successo trionfale, migliaia e migliaia di visitatori; per le 170 mila cassiere di supermercato francesi, Anna era diventata un punto di riferimento, un'amica con la quale sfogarsi, una compagna di sofferenze.

Diversi editori si sono interessati al caso e uno di loro, Stock, le ha offerto un assegno (dodicimila euro) per convincerla ad iniziare un libro che avrebbe cambiato la sua vita; tradotto in 20 lingue (in Italia è pubblicato da Corbaccio - Le tribolazioni di una cassiera).

Ha dato vita anche a un album di fumetti, una commedia musicale e uno spettacolo teatrale.

Morale della favola moderna di Anna Sam: "Mai arrendersi, mai rassegnarsi, insistere, credere: quando si ha voglia, si può riuscire".

"Con i primi incassi ho comprato casa, inoltre, mio marito Richard, che si annoiava da morire facendo il consulente d'informatica, ha potuto licenziarsi e seguire un corso di formazione per diventare idraulico, era quello che voleva".

Nessuna stravaganza: Anna ha tenuto la stessa vecchia Punto, non ha particolarmente arricchito il guardaroba, non ha fatto viaggi esotici.

Articolo tratto da: Il resto del Carlino - 27 Dicembre 2009

lunedì 11 aprile 2011

Mark Zuckerberg

Il più giovane fra i mega-fanta miliardari mondiali è nato nel 1984, ha un nome difficile da pronunciare, ma la sua creatura web, Facebook, è diventata negli ultimi anni il sito di social network più frequentato nel mondo.

Facebook sta diventanto in un certo senso il 'gioco' di società più diffuso nel mondo, solo in Italia ci sono cinque milioni di iscritti.

Quando questo ragazzo 19enne dai capelli rossi è arrivato a Palo Alto (California) per sviluppare quest'idea, non aveva un'auto, una casa e nemmeno un lavoro; oggi, secondo la rivista Forbes, la sua fortuna è stimata un miliardo di dollari, tutto sulla carta, naturalmente.

La sua società non è quotata in Borsa, benché nell'ottobre del 2007, la Microsoft di Bill Gates ne abbia acquistato una piccolissima quota in Facebook, l'1,6%, ma pagata un prezzo spropositato: 240 milioni di dollari.

Tutta le più grandi banche d'affari del mondo corteggiano da anni questo ragazzo per portare in Borsa la sua creatura e lucrare commissioni mostruose, ma, fino a oggi, il giovane Zuckerberg si è mostrato più onesto e lungimirante dei banchieri di Wall Street; adesso si sta concentrando sulla crescita del sito più che sulle maniere per farlo fruttare.

Tutti i manuali di business dicono che il segreto dei grandi imprenditori è quello di tracciare in anticipo la linea dei loro sogni e delle loro aspirazioni.

Il potere della visualizzazione, prima pensalo, poi fallo.

Quando ha lanciato il sito, insieme ai suoi colleghi di dormitorio dell'Università di Harvard, l'obiettivo era solo guadagnare abbastanza soldi per trascorrere vancanze in California e, trovare magari una fidanzata, grazie all'interattività del mezzo che l'avrebbe aiutato a superare la sua timidezza.

L'idea base del giovane Mark non era certo complicata: mettere on line i profili degli iscritti all'università per offrire la possibilità di conoscere in tempo reale tutte le informazioni degli studenti dello stesso corso.

Harvard, come tutte le università americane, produceva da decenni il tradizionale annuario (chiamato in gergo prioprio Facebook), con le foto sorridenti degli studenti con brevi noti biografiche, che però richiedeva molto tempo per la pubblicazione e non poteva essere aggiornato fino all'anno successivo.

La giovane matricola pensò che con la Rete si potesse fare di meglio, e così è stato.

Quando decollò il 4 Febbraio 2004, Facebook non aveva certo propositi di simile grandezza, l'investimento principale consisteva in 85 dollari al mese per pagare la banda, ovvero la connettività e per procurarsi i primi utenti.

Pochi mesi dopo la bontà dell'idea era dimostrata dal fatto che metà degli studenti dell'ateneo avevano già attivato il proprio profilo, coinvolgendo altre persone; un successo travolgente che aveva convinto Mark, dopo un anno dal lancio di Facebook, a mollare gli studi in Psicologia per dedicarsi esclusivamente alla sua creatura, gettandosi nel marketing ed estendendo la Rete ad altre università americane.

Ci volevano però soldi veri e qualcosa più di 85 dollari al mese per sostenere questo progetto; una sera del Giugno 2007 Mark conosce Sean Parker, il co-fondatore del sito musicale Napster, che gli presenta uno dei suoi investitori, Peter Thiel, altro ragazzo prodigio che nel 2002 aveva ceduto a eBay il sistema da lui inventato (PayPal).

L'idea di Facebook gli sembra perfetta per investirci; l'anno successivo Thiel presenta Mark ad altri investitori.

La crescita di Facebook è esponenziale come gli iscritti: sono a questo punto 800 i college connessi; nel Novembre 2004 gli iscritti sono 1 milione, diventando nel 2008 120milioni.

Nonostante la fame e la ricchezza Mark si comporta ancora come un ragazzo che frequenta il college, si presenta alle conferenze in T-shirt, felpa con cappuccio, borsa di tela e sandali, non mette mai le calze, le cravatte e le giacche.

Ripete sempre, come un mantra: "L'idea è sempre stata quella di convincere le persone a condividere più informazioni, in questo modo si può capire meglio cosa succede a chi sta attorno a noi, gli esseri umani hanno sempre passato molto tempo a comunicare, a creare legami e condividere fatti ed emozioni con chi li circonda".

A differenza degli iscritti al suo sito, Mark è molto geloso della sua privacy e l'unico argomento che sembra entusiasmarlo è lo sviluppo del prodotto e la programmazione.

Chi l'ha conosciuto qualche anno fa assicura che da ragazzino le sue passioni erano la scherma e il Risiko: probabilmente da questo gioco da tavolo ha appreso i rudimenti nel conquistare una dietro l'altra le principali nazioni, fino a dominare il mondo con la sua creatura.

Articolo tratto da: Very Millionarie

mercoledì 30 marzo 2011

Michael O'Leary - l'irlandese volante

In meno di 20 anni ha trasformato una linea area scalcinata in una delle più forti compagnie d'Europa, Michael O'Leary, l'uomo che ha inventato i biglietti low cost.

Gli snack in volo? Si pagano.
Le prenotazioni off line? Costano di più.
Un bagaglio di troppo? Resta a casa o bisogna mettere mano al portafoglio.

La filosofia di Michael, ricchissimo amministratore delegato di Ryanair, è semplice: biglietti scontati, ma servizi a pagamento.

Grazie alla sua visione di business è diventato l'innovatore del mercato aereo europeo, ma come ce l'ha fatta?

Nato nel 1961 a Kanturk, 250 km a sud-ovest di Dublino, fino al diploma i suoi risultati scolastici non brillano, ma, già prima di laurearsi in Business al Trinity College di Dublino (una delle scuole più prestigiose d'Irlanda), riesce ad accumulare denaro, risparmiando sulla paghetta e arrotondando come barista.

I suoi obiettivi sono chiari: guadagnare più denaro possibile, per coprirsi le spalle da quei rovesci finanziari che avevano compromesso le sorti familiari.

Nel 1983 però l'Irlanda dava poche opportunità ai neolaureati e gli viene dato un posto come contabile in una grande azienda, accetta controvoglia perchè malpagato, ma ha l'opportunità di conoscere Tony Ryan, un cliente che in pochi anni aveva costruito un piccolo impero noleggiando aerei alle compagnie di bandiera.

Lascia il posto fisso e si mette in proprio con un'edicola, dice: "Aprivo alle 7 di mattina e chiudevo alle 11 di sera, così ho imparato come si gestisce un'impresa"; in tre anni incassa 250 mila euro.

A quel punto bussa alla porta di Ryan che, due anni prima, aveva aperto una linea area concorrente alla compagnia di bandiera irlandese, Michael, pur di essere assunto, si offre a stipendio zero: unico guadagno, il 5% degli introiti annuali incassati grazie al suo lavoro.

Il suo compito?, scoprire perché la linea area fosse in perdita costante malgrado l'aumento dei passeggeri, la missione sembrava disperata.

La sua prima mossa è strategica: elimina tutti i costi più salati, dall'intero dipartimento marketing alle polizze assicurative.

Ha diminuito fino al 25% gli stipendi dei piloti, rinegoziato i contratti delle forniture di carburante ed eliminato i cibi costosi del catering.

Nel 1991 diventa direttore finanziario della compagnia e ottiene, la promessa, da parte di Ryan, del 25% dei guadagni che la compagnia fosse stata in grado di incassare oltre i 2,5 milioni di fatturato.

Un miraggio che lo induce a ritmi di lavoro serratissimi e interventi in qualsiasi area aziendale, ma non è sufficiente; l'ultima spiaggia sembra un viaggio negli Usa, dove la Southwest Airlines intasca decine di milioni di dollari con i suoi voli low cost.

Scopre così che gli aerei Southwest scelgono scali secondari, restando a terra solo per mezz'ora (rispetto agli altri che si fermavano anche un'ora e mezza), veloce anche il check-in dei passeggeri, spediti a bordo senza numero di sedile.

La formula è semplice e replicabile anche in Europa.

Tornato in Irlanda, riesce a dimostrare in solo tre mesi che prezzi più bassi rispetto alla concorrenza incrementano in modo sensibile gli affari.

L'apertura del mercato è ghiotta per tutti: nel giro di pochissimo tempo Ryanair conta numerosi nuovi competitor, tra cui il gruppo Virgin di Richard Branson.

Per contrastare la concorrenza O'Leary potenzia la flotta con un nuovo aereo dotato di più posti passeggeri; la possibilità di acquistare tariffe ridotte con un solo giorno di anticipo rispetto al viaggio.

L'innovazione è epocale, tale da far raggiungere oltre un milione di passeggeri a una compagnia che si limitava ai collegamenti tra Irlanda e Gran Bretagna.

Ma ecco che arriva un altro terremoto firmato O'Leary: la riduzione dei costi aeroportuali a carico della compagnia, nell'ottica di ridurre le spese aziendale e limitare ulteriormente le tariffe.

Il rospo non è semplice da mandar giù per i dirigenti degli scali, ma il business low cost di O'Leary dimostra che i clienti aumentano.

Continua la sua avanzata con il resto d'Europa, stipulando accordi con gli aeroporti secondari di Parigi, Bruxelles e Stoccolma, nel 1996 i suoi profitti personali raggiungono quasi 10 milioni di euro.

Nel 1997 lancia la compagnia in Borsa e, da allora Michael O'Leary non si è più fermato.

Michael O'Leary sostiene fra le altre cose: "Non c'è nulla che un dirigente non possa fare in azienda: dal portare i bagagli a tagliare i costi".

Ogni anno, Ryanair dona una somma a sei cifre a un ente benefico deciso dai dipendenti.

Articolo tratto da: Millionarie - Gennaio 2011

giovedì 24 marzo 2011

Steve Jobs - Una mela per salvare il mondo

Considerato il guru dei media digitali, Steve Jobs è il creatore della Apple, un visionario capace di reinventare il futuro fra cocenti successi e clamorosi flop.

Non sarà l'imprenditore più ricco del mondo, ma è il più conosciuto e amato, da almeno tre generazioni.

Su Facebook, il sito di social network, è proprio il fondatore e numero uno di Apple, l'imprenditore con il maggior numero di fan della globosfera.

La sua vita ha tutti gli elementi per conquistare qualsiasi platea (un giorno diventerà un film), i saliscendi della sua carriera sono incredibili: dalle stalle alle stelle e ritorno, grandi successi, sonori fallimenti e impensabili resurrezioni.

Un'infanzia da bimbo adottato, una giovinezza turbolenta da hippie, una carriera (non sempre facile) da visionario e innovatore, un tumore maligno scoperto nel 2003.

Licenziato nel 1985 dalla stessa azienda che aveva fondato (Apple), è rientrato dopo 12 anni per riportarla a un clamoroso successo, sfornando prodotti rivoluzionari (iPod - iPhone).

Una carriera, purtroppo, da qualche mese offuscata da una malattia, che lo ha costretto a prendersi mesi di pausa; la perdita di peso cominciata la scorsa estate, ha causato inquietudine nei mercati e provocato forte instabilità nelle quotiazioni del titolo della società.

Un segno, questo eterno ragazzo di 54 anni, lo lascerà in almeno quattro settori: nel mondo dei personal computer con il lancio di Apple e nel mondo della telefonia con l'iPhone.

Il mondo della tecnologia deve dire grazia a Steve Jobs anche in altri campi; l'industria cinematografica e dei cartoni animati, non sarebbe, oggi, la stessa senza il decollo della Pixar, l'azienda che ha prodotto film da campioni d'incasso come: Toy Story, A bug's life, Alla ricerca di Nemo, Gli incredibili, Ratatouille e il recente Wall-E.

E il mondo della musica?

iTunes ha sconvolto e creato ancora una volta un mercato che non esisteva, lanciando con successo l'iPod e l' iTunes Music Store, fino a quel momento il mondo della musica on line era considerato solo un terreno in mano ai pirati informatici.

La madre di Jobs, giovane studentessa universitaria, aveva deciso di dare in adozione il piccolo appena nato, chiedendo però ai servizi sociali che fosse adottato da una coppia di laureati, ma, nonostante gli sforzi della madre di garantirgli un futuro sicuro, fu assegnato a due persone dal curriculm modesto (il padre non era nemmeno diplomato), che promisero di mandarre Steve al college.

A 17 anni Steve scelse uno dei college più costosi e tutti i risparmi dei genitori furono investiti per pagare le rette, ma, dopo 6 mesi non sapeva minimamente ciò che avrebbe voluto fare della sua vita, così mollò tutto.

Abbandonati gli studi, Steve vive un periodo scapestrato fra viaggi in India alla ricerca di se stesso e la condizione di giovane senza un dollaro in tasca, costretto a dormire sul pavimento delle camere dei suoi amici.

Per raggranellare qualcosa riportava le bottiglie di Coca-Cola vuote al venditore, in cambio aveva cinque centesimi di deposito e, una volta la settimana, la domenica sera, camminava per sette miglia attraverso la città per avere un buon pasto al tempio degli Hare Krishna.

Steve ricorda questi anni come i più importanti per la sua carriera, al Reed College frequenta il corso di Calligrafia e impara tutto sui caratteri tipografici, grazie a questa esperienza, 10 anni dopo, il Macintosh sarà il primo computer dotato di capacità tipografiche evolute.

E' l'incontro con Steve Wozniak a risultare determinante nella sua carriera, si conoscono all'Homebrew Computer Club, dove realizzano i primi strumenti elettronici programmabili, dando l'avvio alla rivoluzione informatica di massa.

Nel 1974 lavora come disegnatore di video game alla Atari Inc,, azienda pioniera nella creazione di giochi, mentre Wozniak è ingegnere alla Hewlett Packard.

Nel garage di casa, con un capitale di partenza di 1.300 dollari (ricavato vendendo tutto quel che possedevano), realizzano il primo prototipo di computer, l'Apple I; ma Steve vuole di più e così crea il prodotto che segna il primo grande salto l'Apple II, grazie all'investitore Mike Markkula che crede in lui.

Il successo di questo computer è fenomenale e consente ai due di quotarsi in Borsa nel 1980, trasformando Jobs a 25 anni, nel fantamiliardario più giovane d'America.

Seguirono alcuni flop, ma Steve Jobs riparte.

Il resto è storia che conosciamo tutti, una serie di clamorosi successi commerciali.

"Amate quello che fate e non accontentatevi mai. Siate affamati. Siate folli", Steve Jobs

Tratto da: Very Millionarie

lunedì 21 marzo 2011

Luca Tommasini - Nato ai bordi di periferia

Luca, nasce nel quartiere popolare di Primavalle, periferia nord di Roma; padre meccanico, è assente nella sua infanzia; con i primi soldi che ha guadagnato ha comprato una casa alla madre, voleva regalarle un po' di serenità.

A 16 anni è partito per l'America con un sogno: ballare con le star americane.

Ce l'ha fatta, ed è tornato; oggi è direttore artistico di X-Factor e regista di videoclip; è stato il ballerino più pagato del mondo, ha lavorato con tutte le più grandi star italiane e internazionali: da Madonna a Prince, da Fiorello a Geri Halliwell.

Ma non si è fermato alla danza, è anche coreografo e regista di videoclip ed aventi musicali, autore e consulente di immagine, Luca Tommasini ha un curriculum da paura.

"Sognavo di fare il ballerino fin da bambimo, ma la mia famiglia era molto modesta, i soldi erano pochi, la mia fortuna?, Enzo Paolo Turchi, uno dei maggiori coreografi di quegli anni, aveva aperto una scuola sotto casa mia, mia madre andava a fare le pulizie per potermi pagare le lezioni di ballo.

Tramite Enzo Paolo ho fatto i miei primi lavori in tv e, ogni estate, partivo per l'America per studiare: la prima volta avevo 16 anni.

Il mio obiettivo era diventare bravo e, nella danza moderna gli americani erano insuperabili, mettevo da parte i soldi durante l'inverno e d'estate partivo, ma quei soldi non bastavano, e nel tempo che mi rimaneva lavoravo nella scuola: pulivo per terra, stavo in segreteria, facevo un po' di tutto.

Dormivo nel salottino della casa di due miei amici, ero disperato, non avevo soldi per mangiare e, quel poco che guadagnavo era in nero, ma ero intenzionato a rimanere; poi, ho partecipato a una trasmissione televisiva che si chiamava Star Search International (che scopriva nuovi talenti) e, ho vinto come miglior ballerino internazionale dell'anno nel mondo, e questo mi ha dato visibilità.

Ma la vera svolta è avvenuta quando ho partecipato alle audizioni per la notte gli Oscar, ma erano riservate a chi aveva il permesso di soggiorno.

Per partecipare ho scavalcato il cancello degli Studios e mi sono buttato nella mischia, eravamo in tremila, la coreografa, Paula Abdul, cercava solo due ballerini, ma ci sono riuscito, ero talmente emozionato che mi sono messo a piangere.

Allora, le ho confessato tutto, lei mi ha portato nella sua auto e ha telefonato al suo avvocato per chiedergli di farmi un contratto "fittizio", di due anni, quel contratto mi ha permesso di diventare un legal resident.

Sono stati anni molto duri per me, non parlavo inglese, avevo lasciato la mia famiglia, i miei amici, non c'erano i cellulari, non c'era Internet, tutte le sere mi addormentavo piangendo.

Scaduto il primo contratto di due anni, vengo a sapere che Whitney Houston stava cercando quattro ragazzi di colore per il suo tour mondiale, io non avevo il fisico, sono basso; mi sono messo i tacchi all'interno delle scarpe e mi sono presentato, mi ha scelto: tre ragazzi di colore e io.

Consiglio a tutti i ragazzi di viaggiare, andare a sperimentare, se fossi rimasto in Italia non avrei avuto la carriera che ho fatto.

Non mi ritengo un grandissimo talento, ho soltanto la terza media, sono un ottimo ballerino, ma non il più bravo, però ho carisma e la capacità di trasmettere emozioni, la mia fortuna sta nel fatto che ci ho sempre creduto.

Come ballerino ero uno dei più pagati al mondo e anche come coreografo ho firmato tantissimi contratti in molti Paesi.

Avevo aperto due società con 30 dipendenti e sedi a Londra, Los Angeles e Roma, lavoravo 20 ore al giorno, per 12 anni, non sono mai andato in vacanza, non avevo nessun legame vero ma solo amicizie sparse in tutto il mondo.

A 30 anni sono entrato in depressione, e ci sono rimasto per tre anni, lavoravo a fatica, è stato durissimo, i soldi non sono tutto, due anni fa ho chiuso i miei uffici, ho venduto le mie case (ne avevo sette) e mi sono trasferito a Roma, ho cambiato stile di vita".

Articolo tratto da: Millionarie - Marzo 2009

martedì 15 marzo 2011

Davide Oldani, lo Chef Pop


Cresciuto nella cucina di Marchesi, oggi Davide Oldani è uno dei cuochi più quotati a livello internazionale, il suo ristorante, ha una lista d'attesa di 12 mesi, ma lui continua a definirsi "popolare".

Nato a Cornaredo (MI) nel 1967, Davide ha frequentato la Scuola Alberghiera, per poi iniziare la gavetta nel 1986 presso il ristorante di Gualtiero Marchesi, considerato il fondatore della "nuova cucina italiana".

Nel 1990 si trasferisce a Londra per lavorare al Le Gavroche, l'anno seguente è a Monte Carlo nella cucina del Le Louis XV, la sua formazione si è completata con esperienze a Tokyo, New York, Parigi, Barcellona e nel Bahrein.

Nel 1998, in qualità di chef del ristorante milanese Giannino, ottiene la sua prima stella dalla Guida Michelin.

Nel 2003 ha aperto il ristorante D'O a Cornaredo (MI), nel 2008 ha ricevuto l'onorificenza Ambrogino d'oro.

"Sognavo di fare il calciatore, a 16 anni ero già in serie C2, ma durante una partita, una doppia frattura a tibia e perone mi ha fatto abbandonare lo sport, per passare al mio sogno di riserva - la cucina - in casa mi piaceva darmi da fare tra i fornelli e voglia di studiare non ne avevo, la scuola albeghiera mi dava la possibilità di tenere le mani in pasta e imparare.

Sono riuscito a emergere con spirito di sacrificio, ho cercato un progetto che fosse adatto a me e mi sono impegnato ogni giorno, con tutte le mie forze (è quello che faccio anche oggi).

Da teenager non andavo in settimana bianca con i compagni e non ho mai frequentato le discoteche, i miei obiettivi erano imparare a fare le salse, cucinare la carne sapere quale verdura comprare, sono un perfezionista, felice di dedicare la maggior parte della giornata alla mia passione.

Mentre frequentavo la scuola alberghiera sono riuscito a farmi notare e così ho potuto entrare nella cucina di Marchesi, una volta lì ho fatto di tutto, la fortuna non esiste, si studia e poi si mette in pratica, si ripete per anni la stessa cosa finché si diventa bravi, si semina e poi si raccoglie.

Ogni giorno faccio due passi avanti e uno indietro, ma l'obiettivo è la crescita costante e io sono molto severo con me stesso.

Andari 'fuori casa' è indispensabile: si osserva e si impara, purtroppo, in Italia manca la filosofia dello stacco del cordone ombelicale, così molti giovani sono viziati.

Aprire un ristorante tutto mio è stato il traguardo iniziato 20 anni prima, Marchesi dice che bisogna fare come le spugne, si inizia con l'assorbire per poi rilasciare ciò che si è appreso, ho investito tutti i miei risparmi e, in principio, avevo qualche timore.

Ora però dormo tranquillo, non lavoro più in cucina, mi occupo dell'organizzazione, ho creato posate e bicchieri e mi concedo il lusso di avere due giorni di riposo la settimana.

In cucina, cerco di mettere il cuore in ciò che faccio: magari non sorrido perchè sono concentratissimo, ma cerco di ottenere come risultato un sorriso, da me e dai clienti.

Nello staff lavorano 10-11 persone e il rispetto è basilare in entrambi i sensi, la gerarchia è irrinunciabile: l'unica risposta accettata in cucina è Oui, chef!, le discussioni e i confronti sono ammessi perchè servono a crescere, ma in separata sede.

I giovani che lavorano con me devono aver fatto esperienza in altri locali, ma non devono aver cambiato troppi posti di lavoro: la credibilità si conquista anche con la capacità di sapersi fermare e farsi valere in un luogo.

Ho scritto un libro: La mia cucina pop.

Pop sta per popolare, nel senso di persona del popolo, voglio trasmettere la mia passione agli altri e raggiungere quante più persone possibili, perchè la cucina non è 'alta', bensì buona oppure cattiva.

Ho scritto questo libro per aiutare i giovani a proseguire nei propri sforzi e far capire a chi ha poca passione che forse dovrebbe occuparsi d'altro".

Articolo tratto da: Millionarie - Giugno 2009

lunedì 14 marzo 2011

Mario Biondi - Voce Soul, anima sicula


Mario Ranno, in arte Mario Biondi, 41 anni.

Suo padre era un cantante, la nonna pure; ha iniziato a esibirsi in pubblico a 12 anni, come corista in chiesa; è un basso naturale, un timbro di voce su cui ha lavorato per anni, acquisendo i segreti di cantanti soul come Lou Rawis, Al Jarreau e Isaac Hayes.

La sua è una lunga gavetta, in giro per l'Italia: etichette di nicchia, turnista delle sale di registrazione, poi, dal 1988 spalla di big della black music, come Ray Charles; si è dedicato allo studio dell'inglese, lingua in cui ha scelto di cantare.

Nel 2004 comincia a sentirsi in radio, una voce da soul man, è boom, si pensa a un erede americano di Ray Charles, invece è un sicilianissimo.
Tale Mario Biondi.

"Faccio questo mestiere fin da ragazzo, sono sempre stato un girovago, quando non sei famoso, non sopravvivi se non ti metti in gioco al 100%, devi correre; adesso, forse ho un po' di relax, riesco a dedicarmi maggiormente alla parte artistica.

Lavoro, impegno, famiglia, sì, sono così, talvolta mi rimprovero da solo, sempre a testa bassa nelle cose da fare, in prima linea tra musicisti, spettacoli e problematiche da risolvere; ho creduto nel mio mestiere , me lo sono sudato il successo.

Prima del 2004 ho persino trascurato la mia salute, cantavo tanto e non mi fermavo mai, per le mie serate guidavo per centinaia di chilometri, da solo, di notte, dormivo poco e mangiavo poco.

La mia compagna mi diceva che stava con un camionista slavo, ma, alla fine, ho avuto grandi soddisfazioni, cercando di essere me stesso.

Sono rimasto siciliano inside al 100%, per nascita, per sangue, per ideologia, ho amato e stimato mio padre, mio nonno e la gente della mia terra, grandi valori, attenzione ai particolari, rispetto per i sentimenti altrui.

Forse, gli unici che mi hanno lasciato perplesso sono stati i discografici, mi dicevano: fai un genere che non va bene, ma le migliaia di persone alle mie serate mi dimostravano il contrario; quello che piace alla gente e quello che i discografici pensano riguardo ai gusti del pubblico sono due mondi separati da una lastra di plexiglas.

I ragazzi a volte mi chiedono che cosa fare per avere successo, ma io sono sempre stato me stesso, a chi mitizza le apparizioni in tv, le tournèe, dico che quella degli artisti è una vita da disgraziati, sempre sbattuti in giro, stanchi, molti s'impasticcano per reggere disagi e fatica.

La scelta di fare musica non può essere un fattore estetico, chi è a caccia di successo senza l'amore per la musica, lo fa per avventura: può divertire, ma può anche fare molto male, ogni cosa deve avere il suo peso e il suo valore.

Siamo in una società "leggera", volgare, dove è diventato strano provare stupore, in tv, per esempio, non c'è più censura, non c'è più limite; sì, ho fatto qualche ospitate, ma a volte ho detto anche no, non sono mai sceso a compressi con me stesso".
Fonte: Millionaire settembre 2009
Articolo di: Silvia Massa

sabato 5 marzo 2011

Marc Simoncini, ideatore di Meetic


Ha inventato Meetic mentre era sommerso dai debiti, oggi il portale degli incontri vale in Borsa 470 milioni di euro:
"Perdere tutto è la miglior cosa che mi sia mai successa", spiega Marc Simoncini.

C'è una coppia che si abbraccia felice e, l'immancabilie form da compilare con tutti i tuoi dati: chi sei, chi cerchi, quanti hanni hai, dove vivi, iscrizione gratuita, Mettic funziona così, in pochi secondi precipiti in un turbine di facce, profili, messaggi.

E, preso per la gola, tiri fuori la carta di credito e ti abboni per vedere più foto o chattare: 30 euro al mese, circa 75 euro per sei mesi, se invece cerchi moglie e ti affidi al profilo psicologico, 120 euro per tre mesi, oppure, 240 euro all'anno.

Marc Simoncini, il francesissimo imprenditore che nel 2002 si è fatto venire l'idea di Meetic e ci ha costruito sopra un impero; Marc è un informatico marsigliese, classe 1963, è affascinante, ama il rischio e a volte se lo va a cercare anche dove non dovrebbe.

In Francia lo guardano un po' con sospetto, perchè il suo stile imprenditoriale e la sua stessa storia di self made man sono più americani che europei, Marc dichiara: "Sono stato povero, molto ricco, fallito e ora ancora molto ricco, almeno sulla carta".

Nonno contadino, padre assunto presso France Telecom, monolocale familiare, gli anni sono quelli dei primi Pc, la Rete è ancora lontana; suo padre gli presta l'equivalente di poche migliaia di futuri euro per lanciarsi in un'avventura in proprio.

Marc lascia l'università, si specializza in informatica e prova l'esperienza di uno stage in azienda, nasce così nel 1985 una piccola società di servizi e, quattro anni dopo un'altra, la Opsion.

Alla fine del secolo Marc, butta giù un codice che funziona e struttura il portale partecipativo di iFrance, che durante la bolla della new economy fa il botto, l'azienda Vivendi glielo compra per 180 milioni di euro, molti dei quali in titoli.

Il neoricco Marc spende tanto, tantissimo, ma nel 2003 il titolo passa da 116 euro a 12 euro e l'imprenditore si trova di nuovo povero e con una montagna di debiti.

Però, pochi mesi prima, a cena con tre amici divorziati, il francese si era inventato Meetic, un'idea per aiutare loro, poi quelli come loro, infine anche se stesso, perchè il portale diventa l'unico appiglio su cui concentrarsi per non andare alla deriva.

Marc Simoncini sostiene: "Perdere tutto è la miglior cosa che mi sia mai successa, perchè altrimenti non avrei mai lavorato così duramente su Meetic".

Fermarsi? Nemmeno per sogno
.

Fiuta il business del poker on line e apre il portale Winamax; poi mette la testa anche sui capitali fuori dalla Rete e tira su Jaina Capital, un fondo per investire 100 milioni di euro su cinque-sei startup francesi in due anni.

Poi, compare anche in tv con un programma durante il quale, ogni giorno, presenta un imprenditore nuovo e, se non bastasse, concede spazio alla filantropia, mettendosi in società con altri due magnati d'Oltralpe per creare una specie di scuola di formazione per Internet, l'Ecole Européenne des Métiers de l'Internet.

Nel 2005 entra in Borsa con Meetic, lui mantiene una piccola quota, l'azienda funziona, ma la concorrenza dei social network si fa sentire; la gente comincia a chiedersi perchè spendere per conoscere gente quando lo posso fare gratis?

Marc Simoncini a metà dicembre 2010 fa una mossa poco chiara, annuncia di voler uscire da Meetic, e, di voler rimanere al massimo come manager di transizione, il titolo perde subito il 30%.

Qualcosa bolle in pentola; sul Web, su un sito chiamato Cojetage, una specie di car pooling per ricconi fatto con i jet invece che con le auto, vi si legge che il 75% potrebbe essere di Marc Simoncini, sarà vero?

Articolo tratto da: Millionaire, di Alessandro Calderoni

domenica 20 febbraio 2011

Francesco Guidolin


Datemi una squadra e la solleverò.

Sta compiendo l'ennesimo miracolo per l'Udinese, eppure, le grandi società non lo chiamano, colpa del look?

Francesco Guidolin allena a un passo dal sogno, hanno detto almeno tre volte quella frase che non vuole ascoltare più; meriterebbe di guidare una grande squadra, è bravo, e lo dicono tutti, è tosto e lo dicono tutti, è competente e lo dicono tutti.

Oggi è di nuovo la faccia di un miracolo: il miglior calcio del campionato italiano lo gioca la sua Udinese, era partito con cinque sconfitte di fila e l'avevano dato per spacciato, invece eccolo qui.

La sua vita e la sua carriera sono piene di stagioni così: quelle di Vicenza, quando portò una squadra di provincia a giocarsi la semifinale di Coppa delle Coppe contro il Chelsea.

Quando, in lacrime i tifosi lo salutarono con una striscione che diceva: "1994-1998: gli anni più belli della nostra storia. Grazie Francesco".

Fantastici anche gli anni con il Bologna e il Palermo; sempre in predicato di avere la grande opportunità: l'Inter, il Milan, la Juventus e la Roma; voci, sempre voci, tante voci.

Piaceva e piace Francesco Guidolin, ma in realtà l'hanno sempre sottovalutato: bravo per tutti, ma non fino in fondo.

Eppure, a 55 anni, la grande occasione non gliel'ha data mai nessuno; una mancanza di fiducia che nessuno, nel mondo del calcio sa spiegare a parole.

Incompreso, in un mondo che crea un fenomeno a stagione, Guidolin è un tipo buono per ogni stagione; forse è questo che l'ha penalizzato?

Poi il look: sempre in tuta, da sportivo vero, non concede lo spazio alla giacca, alla cravatta.

Una volta il suo ex presidente, Maurizio Zamparini ha detto: "Dev'essere un po' più spregiudicato".

Allora, anche questo fa parte della grande incomprensione, lo vorrebbero diverso da com'è, solo che così, poi, non piacerebbe più.



Fonte: Giuseppe De Bellis

martedì 8 febbraio 2011

Gianluigi Marchi

Il re delle cucine country.

Avete presente i negozi Kitchens Store?, stanno invadendo le città italiane, li ha creati un imprenditore di Cremona; è partito come apprendista in bottega.

Si parla di crisi nel settore degli elettrodomestici, ma lui continua a vendere cucine che costano anche 100mila euro; Gianluigi Marchi 54 anni, ha inventato Kitchens Store, il marchio delle cucine country chic.

Marchi è vulcanico, ha costruito un impero tutto da solo, partendo come operaio; nel 1977 è un apprendista a bottega, presso un falegname, impara tecniche e segreti del lavoro su misura.

"Già da operaio mi occupavo di arredamenti esclusivi, lavoravo per architetti; allora mi è venuta la passione per le cucine, ho capito che lì potevo esprimere al meglio la mia creavitivà".
Dopo i 21 anni si mette in proprio con un solo dipendente e i soldi prestati da una banca; nel 1983 propone il primo modello di cucina in muratura; l'esplosione ci fu nel 1987 con la cucina Doralice; tutti la volevano e in molti la copiavano.

Tutt'ora questo modello porta il 12-13% del fatturato.

"Però nel 1990 ho fatto un flop; ho lanciato una cucina leziosa, demodè, non andò bene e mi insegnò la strada del futuro".

Aprii il primo stabilimento a Cappella de' Picenardi, in provincia di Cremona e solo una banca credette in lui e continua a crederci; furono anni di grande lavoro per pagare grandissimi debiti e il marchio Kitchens Store non esisteva ancora, non c'erano ancora i punti vendita, ma le cucine erano belle e piacevano.

Nel 1996 c'è stato l'exploit, "ho creato l'insegna e il format di un punto vendita monomarca; siamo stati i primi in Italia a pensarci, per le cucine country".

Per ora, la rete conta 27 negozi, alcuni di proprietà altri in partnership.

"Il segreto del mio successo? Tutto quello che faccio, lo faccio bene, con le mie risorse; sono io che dirigo tutto: dal design alla comunicazione, non sono capace di delegare, lavoro anche 16 ore al giorno, viaggio molto e una delle novità del 2008, la cucina Dechora, l'ho disegnata in aereo tornando da Shangai".

Anche i suoi quattro figli lavorano con lui. "Ho tante idee, ma anche tanti difetti e un brutto carattere, è difficile andare d'accordo con me. Se vedo qualcosa che non è fatto come vorrei, o non va bene, lo distruggo e lo rifaccio, devo essere convinto, sempre, che sia il meglio".

Articolo tratto da: Millionarie - di Silvia Messa

sabato 29 gennaio 2011

Attenti a quei due


Larry Page e Sergey Brin hanno fondato Google; menti matematiche con l'informatica nel dna di famiglia; nella storia del capitalismo americano non c'è stata ascesa più fulminea.

Larry Page 37 anni nasce in Michigan, Sergey Brin in Russia, ma emigrerà nel 1979 negli Stati Uniti.

Entrambe le famiglie sono ebree; i genitori di Larry erano professori di Informatica alla Michigan State University, il padre di Sergey insegnava Matematica alla University of Maryland, la mamma, fa lo scienziato aerospaziale.

Larry ha avuto il suo primo computer all'età di sei anni; mentre Sergey per il suo nono compleanno riceve in regalo il Commodore 64.

Entrambi frequentano la scuola Montessori, in cui l'apprendimento è regolato dai ritmi dello studente e questo metodo ha contribuito sicuramente al loro successo:

"Ci ha allenato a non seguire le regole e a fare le cose in maniera diversa dagli altri", dice Sergey.

Sergey all'età di 20 anni ha già due lauree (con menzioni d'onore), in Matematica e Informatica; Larry consegue la laurea breve in Ingegneria all'University of Michigan, dove viene premiato come "studente eccezionale".

Entrambi hanno frequentato la Stanford University.

E Google nasce proprio qui, dove i due studenti stavano frequentando un Phd in Informatica.

Craig Silverstein, primo dipendente di Google dice: "Larry pensava sempre in grande immaginando il futuro dell'azienda e Sergey la pensava allo stesso modo".

Entambi sposati: Larry con Lucy Southworth che ha due lauree e un Phd; Sergey con Anne Wojcicki, esperta di biotecnologie e co-fondatrice dell'azienda di test genetici on line 23andMe.

Il loro patrimonio ammonta a 17,5 miliardi di dollari e li posiziona al 24° posto della classifica Forbes degli uomini più ricchi del mondo; in una intervista Page ha dichiarato:

"Se fossimo stati motivati dal denaro, avremmo venduto Google molto tempo fa e avremmo passato il resto della nostra vita su una spiaggia".

Sergey, il matematico che si allena al trapezio; una volta ha raccontato di aver preso in seria considerazione l'idea di mollare tutto per mettersi a lavorare in un circo; i suoi interessi spaziano dalla danza alla vela, dalla ginnastica al nuoto agonistico.

Larry, l'ingegnere con la passione per il Lego: è capace di costruire qualsiasi cosa con il Lego, dalla stampante a getto d'inchiostro perfettamente funzionante, al primo server di Google, esposto alla Stanford University.

Quando nel 1996 trovano la chiave per il nuovo motore di ricerca, non pensano che la loro idea possa essere la base per una nuova impresa; esistevano già Yahoo e Altavista; i due ragazzi pensano di vendere la nuova tecnologia (il PageRank), ma nessuno è disposto a comprarla.
Così decidono di andare avanti da soli e nel 1998 fondano Google, ma il loro genio non è solo tecnologico, inventano un nuovo modello di business fondato sulla vendita della pubblicità a piccoli investitori.

Oggi Google è una multinazionale che progetta e produce tutti i software che hanno a che fare con internet; in 12 anni è arrivata a fatturare 23 miliardi di dollari.

Notizia tratta da: Millionaire

giovedì 27 gennaio 2011

Il re buono del cashmere


"Per una vita felice ci vogliono tre cose: gentilezza, gentilezza e gentilezza".

E' l'aforisma che
Brunello Cucinelli, imprenditore dell'anno 2009, ha trasformato nel suo stile di vita e di conduzione aziendale.

Cinquantasei anni, è uno degli imprenditori italiani più famosi al mondo.
Ha ricevuto decine di premi per la qualità dei suoi prodotti, preziosi capi in cashmere, made in Umbria.

Figlio di contadini, è creatore di un'impresa che ha un fatturato di 154 milioni di euro, quasi 500 dipendenti e una crescita del 30% negli ultimi due anni.

La sua azienda si trova a Solomeo, in provincia di Perugia; l'imprenditore ha salvato il borgo dal degrado, l'ha restaurato e ogni anno vi dedica il 20% del fatturato.

Ha trasferito l'azienda nel maniero e creato una seconda sede, immersa in un parco e circondata da frutteti.
Ha donato al Comune di Corciano quattro ettari di terreno adiacenti all'impianto sportivo di Solomeo, per un uso esclusivamente ricreativo.

Sostiene e finanzia varie istituzioni umbre, tra cui: l'Università degli Studi di Perugia, la Regione e la Provincia; il suo sostegno arriva anche in Africa, in Malawi.

Facendone qualcosa di più di una sede aziendale: un luogo dove si vive bene, si respira filosofia e un pizzico di misticismo.
Nell'azienda che ha formato nessuno può permettersi di trattare male un altro; ha voluto creare un ambiente di lavoro dove si respirasse dignità.

Ogni giorno i pranzi delle due mense aziendali sono preparati dalle massaie di Solomeo, con prodotti locali e secondo la tradizione umbra, proprio come se si fosse a casa.

Diploma di geometra, un paio d'anni all'università con un solo esame dato, dice:
"Non era quella la mia strada; ho pensato di avviare una produzione di cashmere, ma di puntare alla massima qualità".

"Mi sono ispirato a una previsione di
Theodore Levitt (guru del marketing
): nei Paesi sviluppati il futuro della produzione si sarebbe concentrato sulla qualità, mentre la produzione di massa sarebbe spettata ai Paesi in via di sviluppo".

Continua dicendo: "Oggi sembra che tutti debbano fare gli imprenditori... ma non tutti hanno l'attitudine giusta; io sono attratto dal calcio, mi sono allenato come un pazzo per giocare, ma non sono portato".

"Sono meglio come imprenditore. Ma non tutti sanno fare impresa. E in questo si dovrebbe fare crescere la cultura dei genitori, nessuno vuole che il proprio figlio diventi operaio, eppure c'è bisogno di tutte le figure professionali".

"Alle giovani leve comunico che non devono avere paura, ci sono io e ho le spalle grosse, le cose belle si fanno insieme; ho tanti programmi per il futuro: nuove collezioni fresche ogni stagione, 10 nuovi negozi monobrand da aprire, creare reti commerciali in Cina, India e Sud America."
"Sono felice di aver creato un'azienda basata sul rispetto. Non significa che le persone non abbiano i loro problemi, ma qui possiamo permetterci di essere normali".
Niente male come esempio da seguire.
Se la metà degli imprenditori italiani pensasse ed agisse come Cucinelli, il mondo del lavoro sarebbe decisamente migliore-
Articolo tratto da: Millionaire gennaio 2010, di Silvia Messa

lunedì 24 gennaio 2011

Le chiavi del pensiero positivo


"Le chiavi del pensiero positivo" di Napoleon Hil, è uno di quei libri che non può assolutamente mancare nella biblioteca di ogni vincente.

Buona lettura, lo trovi a questo link

sabato 22 gennaio 2011

venerdì 21 gennaio 2011

Like a Virgin

A 16 anni ha lasciato la scuola per fondare una rivista.

Oggi, ha 59 anni, Richard Branson, è a capo di un'industria tra quelle di maggior successo al mondo, con oltre 360 attività.

Il segreto?

"Se avete fiducia nelle vostre capacità, riuscirete a raggiungere qualsiasi obiettivo".

Richard Branson dice: "Lavoro sodo, rischio parecchio e credo negli obiettivi. I sogni sono sempre belli, ma vanno affrontati con spirito pragmatico".

Patron di Virgin, un'industria mondiale con interessi che vanno dalla musica ai voli spaziali, è un'icona per i giovani e un modello per gli imprenditori.

Tra i suoi successi anche il titolo nobiliare di cavaliere conferitogli per i meriti in campo imprenditoriale.

Sir Richard ha costruito da solo la sua fortuna (è al 261° posto nella classifica mondiale della ricchezza), nonostante la dislessia e le origini modeste di una famiglia come tante dei sobborghi di Londra.

Alcune sue fantastiche regole:

"Non mi sono mai posto l'obiettivo di diventare ricco, se l'unico motivo è rappresentato dal denaro, penso sia meglio lasciar stare.

Ho scoperto che se mi diverto e provo piacere in ciò che faccio il denaro arriva.

Fai di ogni affare una crociata.

Cerca di non fissarti sui soldi: negli affari ci sono cose che contano più del denaro.

Lavora molto, divertiti di più.

Ama, onora e rispetta il tuo brand.

Metti le persone al primo posto.

Non imitare mai, innova.

Sii il primo sul campo.

Contratta, tutto si può negoziare.

Sii sempre onesto, non fare nulla che ti impedisca di dormire sonni tranquilli.

Credi sempre in te stesso.

Abbi il coraggio di rischiare".

Infine, Richard Branson dice:

"In Cina si dice che un viaggio di mille miglia inizia con un semplice passo. Se ci soffermiamo su tutti i rischi che possiamo incontrare lungo il viaggio, quel primo passo non le effettueremo mai. Coraggio, fate il primo passo".


Un grande, un grandissimo dei nostri tempi.

Un esempio da imitare, un esempio da seguire.



Fonte della notizia: Millionaire luglio/agosto 2010