domenica 20 febbraio 2011

Francesco Guidolin


Datemi una squadra e la solleverò.

Sta compiendo l'ennesimo miracolo per l'Udinese, eppure, le grandi società non lo chiamano, colpa del look?

Francesco Guidolin allena a un passo dal sogno, hanno detto almeno tre volte quella frase che non vuole ascoltare più; meriterebbe di guidare una grande squadra, è bravo, e lo dicono tutti, è tosto e lo dicono tutti, è competente e lo dicono tutti.

Oggi è di nuovo la faccia di un miracolo: il miglior calcio del campionato italiano lo gioca la sua Udinese, era partito con cinque sconfitte di fila e l'avevano dato per spacciato, invece eccolo qui.

La sua vita e la sua carriera sono piene di stagioni così: quelle di Vicenza, quando portò una squadra di provincia a giocarsi la semifinale di Coppa delle Coppe contro il Chelsea.

Quando, in lacrime i tifosi lo salutarono con una striscione che diceva: "1994-1998: gli anni più belli della nostra storia. Grazie Francesco".

Fantastici anche gli anni con il Bologna e il Palermo; sempre in predicato di avere la grande opportunità: l'Inter, il Milan, la Juventus e la Roma; voci, sempre voci, tante voci.

Piaceva e piace Francesco Guidolin, ma in realtà l'hanno sempre sottovalutato: bravo per tutti, ma non fino in fondo.

Eppure, a 55 anni, la grande occasione non gliel'ha data mai nessuno; una mancanza di fiducia che nessuno, nel mondo del calcio sa spiegare a parole.

Incompreso, in un mondo che crea un fenomeno a stagione, Guidolin è un tipo buono per ogni stagione; forse è questo che l'ha penalizzato?

Poi il look: sempre in tuta, da sportivo vero, non concede lo spazio alla giacca, alla cravatta.

Una volta il suo ex presidente, Maurizio Zamparini ha detto: "Dev'essere un po' più spregiudicato".

Allora, anche questo fa parte della grande incomprensione, lo vorrebbero diverso da com'è, solo che così, poi, non piacerebbe più.



Fonte: Giuseppe De Bellis

martedì 8 febbraio 2011

Gianluigi Marchi

Il re delle cucine country.

Avete presente i negozi Kitchens Store?, stanno invadendo le città italiane, li ha creati un imprenditore di Cremona; è partito come apprendista in bottega.

Si parla di crisi nel settore degli elettrodomestici, ma lui continua a vendere cucine che costano anche 100mila euro; Gianluigi Marchi 54 anni, ha inventato Kitchens Store, il marchio delle cucine country chic.

Marchi è vulcanico, ha costruito un impero tutto da solo, partendo come operaio; nel 1977 è un apprendista a bottega, presso un falegname, impara tecniche e segreti del lavoro su misura.

"Già da operaio mi occupavo di arredamenti esclusivi, lavoravo per architetti; allora mi è venuta la passione per le cucine, ho capito che lì potevo esprimere al meglio la mia creavitivà".
Dopo i 21 anni si mette in proprio con un solo dipendente e i soldi prestati da una banca; nel 1983 propone il primo modello di cucina in muratura; l'esplosione ci fu nel 1987 con la cucina Doralice; tutti la volevano e in molti la copiavano.

Tutt'ora questo modello porta il 12-13% del fatturato.

"Però nel 1990 ho fatto un flop; ho lanciato una cucina leziosa, demodè, non andò bene e mi insegnò la strada del futuro".

Aprii il primo stabilimento a Cappella de' Picenardi, in provincia di Cremona e solo una banca credette in lui e continua a crederci; furono anni di grande lavoro per pagare grandissimi debiti e il marchio Kitchens Store non esisteva ancora, non c'erano ancora i punti vendita, ma le cucine erano belle e piacevano.

Nel 1996 c'è stato l'exploit, "ho creato l'insegna e il format di un punto vendita monomarca; siamo stati i primi in Italia a pensarci, per le cucine country".

Per ora, la rete conta 27 negozi, alcuni di proprietà altri in partnership.

"Il segreto del mio successo? Tutto quello che faccio, lo faccio bene, con le mie risorse; sono io che dirigo tutto: dal design alla comunicazione, non sono capace di delegare, lavoro anche 16 ore al giorno, viaggio molto e una delle novità del 2008, la cucina Dechora, l'ho disegnata in aereo tornando da Shangai".

Anche i suoi quattro figli lavorano con lui. "Ho tante idee, ma anche tanti difetti e un brutto carattere, è difficile andare d'accordo con me. Se vedo qualcosa che non è fatto come vorrei, o non va bene, lo distruggo e lo rifaccio, devo essere convinto, sempre, che sia il meglio".

Articolo tratto da: Millionarie - di Silvia Messa